Il vertice del G7, che si è riunito oggi a Washington in margine
agli incontri di primavera del Fondo Monetario Internazionale, è
stata la prima occasione per i ministri delle Finanze dei Sette
Grandi e per i loro Governatori delle banche centrali per discutere
della situazione dell'economia mondiale dopo l'allarme lanciato
giovedì dall'Fmi con il forte ribasso delle previsioni di crescita
contenute nel World Economic Outlook.
Il vertice è anche la sede per un confronto tra europei e
americani, i primi scettici sul pessimismo dimostrato dai tecnici
dell'Fmi, i secondi che cominciano a vedere quelli che potrebbero
essere i primi segni di un'inversione di rotta dopo la frenata dei
mesi scorsi e che chiedono ai loro partner di fare di più.
Il dibattito del vertice ruota intorno alla situazione americana
e al dato inatteso della crescita del pil del 2% nel primo
trimestre dell'anno, molto di più di quanto ci si attendesse e in
apparente contraddizione con le previsioni a tinte fosche dell'Fmi,
che assegnano agli Usa quest'anno un'espansione del prodotto
dell'1,5%, con il rischio che possa ridursi ulteriormente a poco
sopra lo zero.
Il segretario al Tesoro Paul O'Neill esprime una visione
positiva della situazione americana, meno preoccupante di qualche
tempo fa, con i fondamentali e il potenziale di crescita ancora
forti. L'attenzione ora è puntata sui prossimi dati sulla
produttività e sui consumi, per cercare indicazioni che possano
confermare la tendenza positiva venuta dalla crescita del pil.
Il compito di analizzare quell'inatteso e positivo più 2% tocca
al governatore della Fed Alan Greenspan, indicato come uno dei suoi
artefici grazie alla decisione con cui ha tagliato quattro volte i
tassi da gennaio. La posizione della Bce e la scelta di non seguire
la Fed sulla strada del taglio dei tassi - chiesta più o meno
esplicitamente nei giorni scorsi da O'Neill e dal Fondo - è stata
spiegata agli americani dal presidente Wim Duisenberg, illustrando
un'analisi fondata su una crescita che resta robusta, anche se meno
dei mesi scorsi, e una coda di inflazione ancora attiva.
Non c'è stata nessuna richiesta esplicita, ovviamente, e il
discorso è facilitato dal fatto che quest'anno Eurolandia crescerà
più degli Usa, il 2,4% contro l'1,5% secondo l'Fmi, e questa
posizione trova concordi i ministri finanziari europei, che
rivendicano anche l'indipendenza della banca centrale, oltre a
condividere le grandi linee della sua analisi.
(kil/sda)
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